Associazione Musicale
Francesco Mannelli
Biografia
Francesco Mannelli nacque a Tivoli verso la fine del XVI sec. in una casa portata in dote dalla madre Drusilla, in quella che attualmente è Via Colsereno, detta un tempo Via Cocerino. Fu prima cantore e quindi nel 1627 maestro di cappella nella Basilica di S. Lorenzo (Duomo tiburtino). Istituì i putti per il servizio della Cattedrale stessa.
Contrariamente ai voleri del padre, che lo avrebbe voluto sacerdote, Francesco preferì dedicarsi alla musica presso Vincenzo Ugolini e Virgilio Mazzocchi a Roma.
Si unì in matrimonio con la cantante lirica Maddalena Lolli, da cui ebbe una figlia, Anna Maria, nata a Tivoli nel 1628.
Nel 1629 lasciò Tivoli per trasferirsi a Roma ove compose melodrammi, un genere molto in voga nel XVII sec. A questo genere appartiene il suo Delia, rappresentato a Bologna ed a Venezia.
I due coniugi condussero separatamente le loro carriere sino al 1637, data in cui si stabilirono a Venezia presso il loro mecenate, il barone Basilio Feilding, ambasciatore inglese presso la Serenissima. A lui il Mannelli dedicò “Musiche Varie”.
Conobbe poi il poeta compositore Benedetto Ferrari e con lui fondò l’ “Opera Popolare della Musica” con l’intento di organizzare rappresentazioni teatrali musicali per il popolo, contro la tendenza del tempo di riservare simili spettacoli solo alla nobiltà.
Prima opera di questo genere fu Andromeda(*), scritta in poesia dal Ferrari e musicata dal Mannelli. Tale lavoro fu rappresentato nel teatro S. Cassiano di Venezia nel 1637, che fu, quindi, il primo teatro pubblico a pagamento. Nel doppio ruolo di Nettuno ed Astarco Mago cantò, come basso, lo stesso Mannelli che, ormai famoso, fu ascritto tra i cantanti della cappella di S. Marco.
La maga fulminata del 1638 fu la seconda opera messa in scena; vi cantò anche la moglie del musicista nel ruolo di Pallade.
Nel 1639 oltre a cantare nel coro di San Marco, Manneli collabora con Giulio Strozzi alla sopracitata Delia, opera che inaugurerà il teatro dei SS. Giovanni e Paolo e all’Adone (erroneamente attribuita a Monteverdi).
Tra il 1639 e il 1642 fu impresario per la tournée di una compagnia veneziana (comprendente anche il Ferrari) a Bologna, in cui sua moglie (nel ruolo di Venere) e loro figlio Costantino (nel ruolo di Cupido) cantarono nelle rappresentazioni della Delia e de Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi.
Nel 1642 al teatro Novissimo, venne rappresentata l’Alcate, ultima opera inscenata a Venezia.
Nel marzo del 1645 i coniugi Mannelli (insieme alla loro figlia) furono assoldati dal duca di Parma, Ranuccio II Farnese. Qui, presso la corte Farnesina, il tiburtino artista compose: l’Ercole nell’Erimando, Le vicende del tempo, Il ratto d’Europa, I due figli, Licasta (ultima opera) rappresentate a Parma ed a Piacenza.
Morì a Parma nel settembre del 1667; sua moglie si spense nell’ottobre del 1680.
Andromeda(*) fu la prima opera rappresentata in un teatro pubblico: avvenimento di particolare interesse in ambito storiografico-musicale poiché segna il passaggio da una committenza di tipo privato, di corte, a un complesso sistema produttivo regolamentato, per la prima volta in campo artistico, da leggi di mercato. L’apertura di numerosi teatri d’opera (a Venezia se ne contano una dozzina, attivi intorno alla metà del XVII secolo) di proprietà privata, ma a gestione impresariale, crea una rete di relazioni tra domanda del pubblico pagante e offerta che, a questo punto, deve essere concorrenziale. Determinante nell’allestimento delle stagioni e nell’ingaggio del cast(nasce in questi anni la figura del comico di professione) diventerà il gusto del pubblico, con inevitabili conseguenze sul prodotto artistico. L’evento dovette apparire fin d’allora di grande rilevanza storica e sociale, a giudicare almeno dal contenuto celebrativo dei sonetti, dedicati agli autori e agli interpreti, che vennero pubblicati col libretto alcuni mesi dopo. La compagnia di strumentisti (tra i quali Ferrari come suonatore di tiorba e, probabilmente, direttore della rappresentazione) e di sette cantanti (incluso Mannelli, nel doppio ruolo di Nettuno e Astarco Mago) venne autofinanziata dagli autori; Girolamo Medici, Anselmo Marconi e Maddalena Mannelli, moglie del compositore, facevano parte di una compagnia itinerante, mentre gli altri interpreti erano coristi della Cappella Marciana. L’interesse per quest’opera deve comunque limitarsi all’ambito storiografico, dal momento che la partitura è andata perduta e che l’unica fonte rimasta è il libretto, fortunatamente corredato di una minuziosa descrizione dello spettacolo.
Trama dell’opera
L’argomento si ispira al mito greco di Perseo, che salva Andromeda dal mostro marino; la leggenda, nell’ampia narrazione delle gesta compiute da Perseo, si colloca durante il viaggio di ritorno dell’eroe, vittorioso sulla Gorgone Medusa. La vicenda si svolge in Etiopia dove Cassiopea, moglie del re Cefeo e madre di Andromeda, aveva offeso gli dèi, affermando che la bellezza sua e di sua figlia superavano quella delle Nereidi. Per placare l’ira degli dèi venne imposto a Cefeo di legare Andromeda a uno scoglio, sacrificandola alla furia di un mostro marino inviato da Nettuno; Perseo vide Andromeda, se ne innamorò e ottenne la sua mano uccidendo il mostro. Di fatto, l’impianto del libretto di Ferrari ruota perlopiù intorno alle spettacolari apparizioni di divinità che narrano gli eventi (Aurora «comparve dentro una bellissima nube», Giunone «sovra un carro d’oro tirato da duoi Pavoni», Mercurio volando, Nettuno «sovra una gran conca d’argento tirata da quattro cavalli marini», Giove e Giunone «assisi in maestoso trono»), mentre il tema centrale della narrazione, il salvataggio di Andromeda, avviene soltanto nell’ultima scena del terzo atto. La sontuosa scenografia venne arricchita da balli e da brani vocali e strumentali: alla fine di ogni atto si cantò «di dentro un Madrigale à più voci, concertato con Istromenti diversi», seguito da una danza di tre giovani «in habito d’Amore» nel primo atto, e da «un stravagantissimo, e gustosissimo ballo di moti, e gesti» di dodici selvaggi nel secondo; l’opera si chiude con la grandiosa celebrazione dei due protagonisti.